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Raffaele Alfonso Ricciardi

 

DON CESARE DI LANOY CITTADINO E BARONE DI PRATA

(in Archivio Storico del Sannio Alifano..., Anno III, n. 7, 1918, pp. 1-10)

 

 

Per la storia dei nostri Comuni nel secolo XVI, quando la feudalità aveva perduto il suo carattere eroico, la baronia di Prata, allora posseduta dalla famiglia di Lanoy e costituita dalle terre di Prata, Pratella, Gallo, Letino, Mastrati e Roccavecchia, offre un esempio tipico della trasformazione borghese che i feudi avevano subita. Più che ricorrere ad esami dottrinari ed a confronti critici per fa rilevare che i feudi in quel secolo erano divenuti oramai tanti semplici retaggi familiari, favorito dallo spirito speculativo del Fisco e spesso in opposizione dei principii del dritto, della giustizia e dell’interesse vero dell’autorità regia, traggo esempio della cennata trasformazione da talune carte giudiziali del nostro Archivio di Stato[1]. E credo utile pertanto pubblicarle come contributo alla storia feudale di notevoli comuni del Sannio Alifano, e per il curioso ricordo di fatti, di costumi e di personaggi di quell’epoca lontana, che esse contengono.

Per la loro migliore intelligenza accenno che, dopo una serie di investiture, la baronia di Prata, già feudo della nobile famiglia Pandone, al tempo da cui prendo le mosse, era stata devoluta alla R. Corte per la ribellione di Enrico Pandone, Duca di Boiano. Costui ricco di feudi e di onori, aveva seguite le parti di Lautrec, sperando nella vittoria delle armi di Francia contro Carlo V; aveva tentato di abbandonare il regno, quando la guerra era riuscita contraria ai francesi; era stato tradito da un suo familiare, arrestato e condannato; aveva avuto mozzato il capo insieme a Federico Gaetani, figliuolo del duca di Traetto, con la confisca dei suoi beni. Accenno pure che, dopo la riferita devoluzione, la detta baronia di Prata, con Boiano, decorata col titolo di ducato, Venafro, con titolo di contado, S. Maria dell’Oliveto, Campochiaro, Chiauci, S. Polo, Guardia, Ciorlano ed altri beni feudali, dall’imperatore Carlo V, mercè diploma dato in Ratisbona a 18 luglio 1522, fu donata a D. Carlo di Lanoy, principe di Sulmona, per compensare i grandi servigi da lui prestati al Monarca in guerra ed in pace. Ed invero, D. Carlo di Lanoy, principe di Sulmona, signore di Iancelles, cavaliere del Toson d’oro, Grande scudiero della Cesarea e Cattolica Maestà di Carlo V, Viceré e Capitan generale nel regno di Napoli, nel 1522 era stato il capo della lega contro Francesco I, re di Francia, ed aveva avuto parte grandissima negli avvenimenti politici del suo tempo, come narrano il Parrino[2], il de Lellis[3] ed altri scrittori. La sua morte, avvenuta nel 1527, fu attribuita all’uso disordinato dei piaceri venerei praticati con bella dama napoletana, con la quale fin dal principio del suo governo ebbe commercio. Molti la ritennero per veleno propinatogli per vendicare Francesco Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara. Di guisa che il ricordo di D. Carlo di Lanoy, attraverso fortunose vicende della sua vita, perdura nel tempo, nella fama e nei fasti che circondano tuttora le memorie del suo sovrano e quelle dell’epoca sua. Egli aveva sposato Francesca di Mombel, di nobile famiglia, e che era stata balia e nutrice di Carlo V; con costei procreò sei figliuoli, cioè Carlo che gli successe negli stati di Fiandra, Filippo, principe di Sulmona, conte di Venafro, signore di Ortona e generale di cavalleria in Germania, Ferdinando, duca di Boiano, Giovanni, Pompeo e Clemente.

Di quest’ultimo appunto si occupano le carte giudiziali innanzi accennate, perché, quantunque al detto D. Carlo di Lanoy nel 1522 fosse stata fatta la concessione, tra l’altro, dei beni del ribelle Enrico Pandone, duca di Boiano, il loro effettivo e pieno godimento e possesso venne soltanto dopo la sua morte, dieci anni dopo, a pro dei suoi eredi. La loro regolare investitura fu accordata da Carlo V alla principessa di Sulmona D. Francesca di Mombel, con diploma dato pure in Ratisbona a 21 giugno 1532[4], dopo che costei ebbe rinunziato alla Camera Imperiale il ducato di Asti, che dallo stesso Carlo V fu donato alla duchessa di Savoia, Infante di Spagna.

D. Clemente di Lanoy, adunque, figliuolo di D. Carlo e di D. Francesca di Mombel, nato in Napoli nel 1522, così nominato perché « li fu posto nome da la santità del Papa Clemente[5] », trovandolo poi tra i baroni di Prata, deve essere considerato piuttosto come successore della Mombel, sua madre, che del defunto D. Carlo. In ogni modo è certo che nel castello di Prata si sia svolta tranquilla e pacifica la sua esistenza, quivi, raccolto negli affetti familiari, ebbero vita i suoi successori, e quivi, lungi dal fastigio della Corte e dai rumori politici di quell’età, chiuse serenamente la vita.

Ma facciamo che parlino oramai le nostre carte nel loro stile semplice e veritiero.

Innanzi tutto esse affermano che D. Clemente di Lanoy, ancora vivente il padre suo, avesse sposato nel 1542, cioè appena ventenne, D. Ippolita Castriota, ricordata dal de Lellis[6] e dall’Aldimari[7], per essere stata figliuola di Ferrante Castriota, marchese di Civita S. Angelo, ucciso nel 1525 nella battaglia di Pavia[8], e sorella di Giovanna, donna di rarissima bellezza corporale e d’integrissima castità[9], e lodata dal Capaccio[10]. Sappiamo inoltre che la detta Ippolita Castriota, costituendosi nell’istrumento del 2 luglio 1546, rogato in Capriati dal not. Francesco Nuceria di Napoli, come moglie di D. Clemente de Lanoy, jure francorum et more magnatum vivente, rinunziò a favore della sorella Giovanna i suoi diritti di vita milizia, essendo stata dalla detta stessa dotata de paragio, e che oltre il parago, la detta sua sorella le aveva assegnati altri duc. 10mila nei capitoli matrimoniali già stipulati dal medesimo notaio[11].

Il matrimonio di D. Clemente di Lanoy avvenne, come ho detto, nel 1542 e fu conchiuso nel castello di Mignano, ove Ippolita Castriota dimorava presso la zia, Isabella Castriota, contessa di Mignano, moglie di Guido Fieramosca, che, al dir del Faraglia, aveva sposato dopo vecchia consuetudine avuta con lui[12]. E nelle nostre caste giudiziali, che, riflettendo la investitura della baronia di Prata, da concedersi nel 1563 a favore dell’erede del riferito Clemente di Lanoy, contengono elementi di fatto raccolti nell’interesse del Fisco e di assoluta autenticità, intorno al matrimonio di Clemente con Ippolita Castriota si raccolgono curiosi particolari. Invero il testimone Antonio Grumo, napoletano, di anni 55, « che non fa ufficio nullo, ma che vive con le sue robbe et alcune fiate fa negotii d’altri », addotto nella R. Camera della Sommaria per il cennato accertamento fiscale, dichiarò che:

« nel anno predetto qurantadoi, la detta Sig.ra D. Hippolita si ritrovava in Mignano con la sig.ra Contessa di detta terra, la quale era Zia di detta Sig.ra D. Hippolita, dove andò lo sig. D. clemente a detta Signora et llà se concluse tra luna et l’altra parte il matrimonio, et fatta la conclusione, la sig.ra D. Hippolita se ne venne in napoli et andò in casa della Sig.ra Contessa di Paleno, dove esso testimonio vedeva andarnoci molte Signore aralegrarsi del matrimonio con lei, et credé esso testimonio che detto Sig. D. Clemente havesse posto l’anello a detta Sig.ra D. Hippolita in la terra de Mignano, perché fra termine de due mesi dopoi detto sig. don clemente andò in Mignano a pigliarsi la detta Sig.ra D. Hippolita, perché se n’era retornata da Napoli in detta terra, et se la portò in Capriata, dove già stava la Sig.ra Vice Regina[13] et llà si fe’ la festa, et tra poco tempo detta Sig.a Vice Regina per fare che detti Signori coniugi si stessero più comodi, li donò la stanza et habitatione di Prata, dove andò anche la detta Sig.a Vice Regina a starsi alcuni Giorni con detti Sig.ri Don Clemente e Sig.a D. Hippolita, et dall’hora insino al tempo che visse detto sig. D. Clemente sempr’esso testimonio have visto et conosciuto che detto sig. D. Clemente teneva, trattava et reputava à detta S.ra Donna Hippolita per sua vera, chara et legittima sposa et consorte, habitando et havendo habitato con detta Sig.ra D. Hippolita in una medesma Casa et stanza ecc.[14]».

Anche intorno a questo matrimonio deposero i mag. Federico e Scipione de Raho, di Napoli, intimi della Casa di Lanoy.

Disse il primo: « essendo stato testimonio figliolo de circa Diece annj Andò ad stare per pagio del decto Ill. quondam don Clemente cqua in napoli A tempo che detto Sig.r don Clemente se accasò et fece la festa con la Ill. Sig. donna Yppolita Castriota, che esso testimonio vedde et se ricorda quando se Inguadiò e se fe la festa, et le vedde colcare in lo lecto, che in napoli se tractò il matrimonio et ad Mignano se affidorno In casa de la Cia de decta Sig.a Donna Yppolita et de poi andorno In apruczo In una terra che se dimanda spoltore et llà se colcarno, Con li quali Sig.ri Don Clemente et Signora donna Yppolita stecte a servire per circa octo annj Mentre che vixe decto Ill. Sig. don clemente et depoi sua morte se ne uscio: che in Mignano vedde il preite che Intervenne al detto Matrimonio et fece la solepnità dela ecclesia et lla se fe ogni cosa spettante circa Il contrahere del Matrimonio, per quanto esso testimonio se ricorda, ei certo che non se colcorno, Ma se ne andorno a colcare a spoltore come di sopra ha detto[15] ».

Depose, con maggiori ragguagli, Scipione de Raho: « have visto come nel predicto anno 1542 in 43 si contrattò lo matrimonio di detto quondam S.r Don Clemente con la Ill. Sig.a D. Hippolita Castriota, la quale Sig.ra si stava in casa della Sig.a Contessa di Palena insieme con la sig.a D. Giovanna sua sorella, quale è hoggi duchessa di Nocera, et vedde et sape li intermedij che ci corsero in concludere detto matrimonio, anzi dopo passati li capitulj tra l’una et l’altra parte, esso testimonio hebbe carico, perché stava in quel tempo servitore dell’Ill. prencipe di Sulmona, et fu mandato dal sig. Thesoriere Raphael vitale con dui milia docati de velluti per farne dono a detta Ill. sig.a D. Hippolita et così esso testimonio andò con detti drappi da detta Sig.ra la quale se ne prese quella quantità che più li piacque pigliarsene et se ne fe fare vestiti, et che dapoi fatto questo se partio da Napoli la S.a D. Hippolita con la Sig. Contessa di Mignano sua Zia, nella quale terra de mignano se concluse megliormente il matrimonio et se in Guadiò de verbo de presenti vis et volo et con la sacerdotale benedittione, il che fu visto particularmente et universalmente, et inguadiati che foro detti S.ri D. Clemente e S.a D. Hippolita fra pochi dì se n’andorno la volta d’appruzzo con la detta S.ra duchessa di nucera quale allora era Marchesa de Civita Sant’Angelo, in una terra nominata spoltore terra di detta Signora Marchesa deve se colcorno insieme detti signori coniugi et consumorno matrimonio, et così n’è stata puplica voce et fama, et per tale sono stati tenuti trattati et reputati l’uno et l’altra et l’altra à luno, havendoli de più esso testimonio visti insieme starnosi in una medesima stanza, loco et Casa, trattando detto S.r D. clemente à detta S.a D. Hippolita come a sua chara et legitima sposa, basandosi insieme et corcandosi in un medesimo letto[16] ».

Come si è visto, il matrimonio fra Clemente di Lanoy ed Ippolita Castriota fu celebrato fra il 1542 ed il 1543, e per gli illustri legnaggi degli sposi, per le loro cospicue parentele, dovette essere quanto mai solenne, come allora costumavasi.

Fra Mignano, Prata e Spoltore la giovane coppia fu circondata di onori e di feste, benché lo sposo fosse solo un cadetto della sua famiglia. Ma anche a tale condizione di cadetto D. Francesca di Mombel, la Viceregina, pose rimedio, mercè la donazione dei castelli di Prata, Pratella, Gallo, Letino, Mastrati e Roccavecchia, costituenti la baronia di Prata, fatta a favore del detto Clemente ultimo suo figliuolo. Oltre le carte fiscali, ne assicura la deposizione dello stesso Scipione de Raho, che accertò: « dopo il repartimento fatto in Aversa et parete del stato in vita della S.a D. Francesca de mombel madre di detto S.or D. clemente la quale teneva et possedeva tutto il stato che lasciò il qm. Ill. S.or D. Ciarles della noya patre di detto S.r D. clemente, fu assegnata detta baronia de prata al detto S.r D. Clemente con il peso delli debiti et crediti che in quella erano ».

Però assai breve fu la signoria tenuta da D. Clemente di Lanoy sugli anzidetti feudi, perché pochi anni appresso fu colto dalla morte nella terra di Prata, ove venne sepolto. Il mag. dott. Francesco Barbato di Tora, accertò che il riferito Clemente morì nel 1550 e « che stando esso testimonio a Galluccio per ufficiale della Ill. Contessa di Palena, da quella li fo scritto, et ordinato che andasse al visito da sua parte de detta Ill. S.a D. Hippolita in prata et così esso testimonio andò pochi Giorni dipoi che morse lo predetto Ill. D. clemente in prata a detto visito et trovò che la Ill. D. Hippolita come mogliere di detto qm. S.r D. Clemente teneva ditto visito in Camera oscura et parata di panni nigri[17] ».

Superstiti, la vedova ed i figliuoli Cesare, Antonio, Giovanna e Francesca, tutti in tenera età, e tutti nati in Prata, ove i loro genitori, come ho detto, avevano fissata dimora. E come che mi è piaciuto intitolar questa nota a D. Cesare de Lanoy qual cittadino e barone di Prata, così convien ricordare, sulla deposizione del mag. Federico de Raho « che Circa duj o tre annj che decti Ill. don Clemente et donna Yppolita se accasorno, sape esso testimonio che standono di stanczia In Prata lla nacque Dalla decta S.a donna yppolita uno figliuolo Mascolo al quale gli posero nome Don Cesare de la noy[18]».

E conformemente il mag. Scipione de Raho: « sape detta S.a D. Hippolita essere stata prena et gravida dal detto S.r D. Clemente, dalla quale prenezza se ne procreò et si partorì il detto Ill. S.r D. Cesare in la terra de Prata nell’anno 1546 secondo il suo buon ricordo[19]».

Cittadino di Prata, signore di quella baronia con i castelli e feudi circostanti, possessore dei fiscali di Ariano, delle entrate baronali di Noci, dei fiscali di Manopello e di annui ducati trecento sulla dogana di Puglia ed investito delle giurisdizioni civili, criminali e miste nelle sue terre, il giovanetto D. Cesare di Lanoy, quanto fu diverso dal suo avo paterno, D. Carlo di Lanoy, principe di Sulmona e viceré del regno di Napoli! Posto sotto la tutela di sua madre, per effetti del diploma del viceré D. Pietro de Toledo del 31 luglio 1550[20], la sua figura per lunghi anni fu quasi addirittura sconosciuta, perché D. Ippolita Castriota proprio per lunghi anni fu la vera dominatrice di quelle terre per il loro governo e le loro rendite.

« Dopo la morte di detto qm. S.r D. clemente  -affermò il mag. Scipione de Raho-  la detta S.a D. Hippolita a nome di detto S.r D. Cesare suo primogenito figlio prese la poxessione della baronia di prata et altri lochi et terre feudali le quali have posseduto e possede senza nulla contradittione de vaxalli ne altro impedimento[21]». E spiegò il dott. Francesco Barbato che « la predetta Ill. S.a D. Hippolita come madre, tutrice et balia del predetto S.r D. Cesare, have commesse cause ad esso testimonio del differentie de suoi vassalli della terra di prata, lo tino, Gallo, Valla, et pratella, et che depoi ad esso testimonio al tempo che fu scalato lo Castello de prato dalli forasciti, la predetta S.a D. Hippolita nomine quo supra fe commissione con la quale esso testimonio andò in detta terra di prata, et se ne refere ad detta commissione. Et de più depoi per dui anni è stato deputato Governatore di dicta terra di Prata et sua baronia dalla detta S.a D. Hippolita come madre baiula et tutrice del predetto S.r D. Cesare, dove esso testimonio con la Comessione predetta have fatto detto officio, exercitando la Iurisditione civile et criminale in detto loco et per detto tempo ».

Col ricordo di questo governatore e della scalata del castello di Prata, fatta da fuorusciti, ossia da banditi, cosa frequente in quell’epoca, si chiudono le accennate carte giudiziali. Ma la R. Camera della Sommaria con provvisioni del 23 luglio 1563 ordinò al procuratore del R. Patrimonio di opporre ed allegare quanto credesse contro l’investitura della baronia di Prata, chiesta da Cesare de Lanoy, e non essendosi nulla dedotto in contrario, venne legittimata la successione stabilita dalla Mombel a favore di un cadetto della famiglia. Cosicché, mentre altre investiture, altre trasformazioni e smembramenti nei secoli posteriori gravarono sul dominio di Prata, vecchia e cospicua baronia della famiglia Pandone, questa, perduto il suo originario carattere, nelle mani della vedova del principe di Sulmona e vicerè di Napoli, col consenso del Fisco, perdette anche le norme di successione stabilite nei capitoli del regno e divenne un cespite ereditario nelle mani del barone.

Altri tempi passarono, e D. Cesare di Lanoy, cittadino e barone di Prata scomparve senza lasciare memoria di sé, nella terra che gli fu culla e dove visse. Il solo ricordo che di lui perdura, si raccoglie nelle ingiallite carte di una inquisizione fiscale, che gli facilità il godimento di una semplice parte delle avite ricchezze.

 

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[1] Archivio di Stato di Napoli. Processo della Pandetta antica della R. Camera della Sommaria vol. 37 n. 243, intitolato Informatio investiture in personam Ill. D. Cesaris della Noya.

[2] Parrino, Teatro dei Viceré di Napoli, vol. I.

[3] De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del regno di Napoli, vol. I, pag. 343, Napoli 1654.

[4] Archivio di Stato di Napoli. Registro Partium della R. C. della Sommaria n. XIII fol. 160.

[5] Processo citato fol. 23.

[6] De Lellis, Op. cit., pag. 349.

[7] Aldimari, Memorie historiche di diverse famiglie nobili così napoletane come forastiere. Napoli 1691, pag. 346.

[8] Nel processo che sarà indicato nella nota (11) in una testimoniale presentata da Giovanni Castriota si legge (fol. 22) che il detto D. Ferrante Castriota, Marchese di Civita S. Angelo, nel 1525, combattendo contro il re di Francia, nella giornata di Pavia « fo ferito et morto er mano del dicto Re francesco ».

[9] Ruscelli, Le Imprese illustri. Venezia 1584, pag. 181.

[10] Capaccio. Illustrium mulierum et illustrium litteris virorum elogia. Napoli 1608, pag. 81. Vedi pure: Ruscelli, op. e pag. cit.; Terminio, Apologia di tre seggi illustri di Napoli, Napoli 1633 pag. 167; Aldimari, Historia genealogica della famiglia Carafa, Napoli 1691, lib. II, pag. 238.

[11] Altre notizie su Giovanna ed Ippolita Castriota si trovano nel processo della Pandetta nuova della Sommaria, vol. 1484 n. 10284 intitolato « Acta Ill. Ducisse civitatis Nucerie paganorum et Marchionisse civitati S. Angeli cum R. Fisco et aliis ».

[12] Faraglia, Ettore e Casa Fieramosca, Napoli 1878, pag. 51.

[13] Si riferisce a D. Francesca de Mombel, moglie di D. Carlo di Lanoy, viceré di Napoli, e madre di Clemente. In questo processo (fol. 23) il testimone dott. Giovanni de Amasio, nativo di Bruxelles, e venuto nel regno con D. Carlo di Lanoy con la carica di R. Uditore in Calabria, dà i seguenti particolari intorno alla Viceregina:

« la ill. quondam donna francesca de mombel quale secondo che pubblicamente più volte in Brusselli Intese dire da più et diverse persone et Signori venea de Savoya la sua stirpe et che era Cia della Maestà Cesarea del Imperatore Carlo Quinto, Quale era stata casata con filiberto Duca di savoia essendo Dapoi la sua morte deputata al Governo de fiandra se portò con essa da Savoya fra le altre la detta Ill. quondam Signora donna francesca di mombel, la quale poi fu data per moglie al decto quondam Ill. Sig.r don Ciarles de Lanoy ».

[14] Processo citato fol. 21 t.

[15] Processo citato, fol. 24.

[16] Processo citato fol. 26.

[17] Processo citato, fol. 28.

[18] Processo citato, fol. 24 t.

[19] Processo citato, fol. 26.

[20] Arch. di Stato di Napoli. Registro Privilegiorum del Collaterale vol. 35 fol. 107.

[21] Processo citato fol. 26.